Mercoledi’ in Sala Verdi a Milano
“Ogni concerto un avvenimento”
Un incontro con il dottor Antonio Mormone, presidente della Società dei Concerti di Milano.
La Società dei Concerti di Milano ha appena inaugurato la XXX stagione concertistica.
Tanti anni di lavoro per offrire grande musica con artisti eccellenti e orchestre prestigiose, alla scoperta di talenti, giovani talenti.
Al primo concerto di questa nuova stagione la Sala Verdi del Conservatorio di Milano è gremita di un pubblico sorridente e c’è un’atmosfera estremamente piacevole e amichevole ; <Così deve essere>, ci racconta il presidente Antonio Mormone, chiamato da tutti “il Dottore”.
Dottor Mormone Lei ha sempre lavorato nel campo musicale?
No, non ho sempre lavorato nel campo musicale, ho fatto molte cose nella vita.
Ho studiato pianoforte e mi sono laureato in chimica e legge. Mi sono occupato di una mia azienda chimica perché avevo scoperto un tipo di resina molto importante e questo mi ha dato la condizione, anche se solo puramente economica, di frequentare i concerti. E poi ad un certo momento ho deciso di dedicarmi completamente alla musica.
Viene da una famiglia musicale?
No, i miei genitori non suonavano, ma erano molto appassionati di musica, soprattutto mio padre amava il melodramma, frequentava il Teatro San Carlo di Napoli.
Perché ha deciso un giorno di dedicarsi completamente alla musica?
Perché vedevo che a livello organizzativo qualche cosa non era soddisfacente, per esempio non c’erano bei programmi di sala, programmi a colori, non c’era un breve discorso introduttivo al concerto. Il pubblico veniva al concerto serioso, nervoso, quasi come si trattasse di una penitenza, con le facce strane e io questo non lo capivo, perché la musica invece deve essere allegria. Tutto questo non gradivo e volevo cambiarlo, fare delle cose importanti e mi diedi da fare in questa direzione.
A quei tempi, nel 1985, avevo conosciuto un bambino di 6 anni, un fenomeno, violinista, di nome Stefan Milenkovich. L’ho seguito e l’ho curato e con lui è stato il primo debutto importante.
I concerti si sono sempre tenuti nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano?
Sì, la Sala Verdi ha un’ottima acustica e contiene 1650 posti. Oggigiorno abbiamo più di tremila abbonati, e infatti sono coperte tutt’e due le serie della rassegna: la serie Smeraldo e la serie Rubino. Abbiamo difficoltà a trovare posti liberi per vendere ulteriori biglietti e questo avviene da trent’anni.
Non ho mai tradito il pubblico, ho preso anche dei rischi, ho fatto fare dei debutti pazzeschi, di giovani pianisti e violinisti. Per esempio nel 1986-87 ho portato da Novosibirsk il violinista Maxim Vengerov e Vladimir Repin con un strepitoso successo.
Come si scopre, come si capisce se si è di fronte a un talento?
E’ complicato capire, ma generalmente chi ha talento non lo dimostra, chi per forza parla del proprio talento, non lo ha. Un musicista non deve solo avere tecnica, musicalità, ma deve avere personalità, sicurezza, temperamento, controllo dei nervi, un sistema nervoso apposito.
Il talento si scopre parlando con l’artista, passando del tempo insieme a lui o a lei, occorre conoscerlo e capirlo, e non soltanto ascoltarlo.
Nella scelta degli artisti è importante non fallire mai.
In trent’anni è cambiato il livello musicale?
Alcuni hanno tentato di fare strada modificando delle cose, chi con le proprie opere chi trascrivendo il lavoro di altri. Ma in generale non credo, direi di no, la ritualità dei concerti è rimasta la stessa.
Il pubblico è cambiato in trent’anni?
Mi sembra più preparato e di consequenza più esigente e più consapevole. L’organizzatore deve adeguarsi automaticamente, deve essere più preparato anche lui. Non si improvvisa niente
Quale è il segreto del successo della Società dei Concerti?
Lavorare e lavorare con grande passione, con determinazione, voler fare bene e aver paura di fare brutte figure. La paura di sbagliare.
La Stagione concertistica è soprattutto pianistica.
Ho un debole per il pianoforte, amo molto la musica sinfonica con il solista e anche il pubblico vuole il solista. Il solista accompagnato da un’orchestra di alta qualità. In Germania le orchestre sono classificate in serie A, serie A-, serie B, e lì non ci sono imbrogli. Io tendo a scegliere quella della serie A e vado sul velluto.Le orchestre sono di elevato livello ma tutto dipende dal direttore, il direttore determina la qualità e il timbro dell’orchestra.
La scelta del repertorio?
Il repertorio è prevalentamente classico-romantico. Il pubblico non vuole la musica contemporanea, è difficile comprendere la musica contemporanea, il pubblico vuole emozionarsi con la musica.
Certamente anche la musica contemporanea ci può emozionare, dipende in quale sistema è stata scritta. Il compositore contemporaneo Alessandro Solbiati scrive in un modo che il pubblico capisce.
Dottor Mormone, quanti concerti organizza all’anno?
Circa 70 concerti all’anno, compresi anche i concerti nell’auditorium Sala Giorgio Gaber, presso il Palazzo Pirelli, sede della Regione Lombardia a Milano.
Questa rassegna è riservata ai giovani musicisti italiani, è l’unica istituzione in Italia.
Nella Sala Gaber organizziamo ogni anno circa 35 concerti che si tengono il lunedì. Aiutiamo e seguiamo i giovani e li accompagniamo verso il concerto. Registriamo e produciamo anche un video e un CD del concerto dei giovani solisti.
Alcuni nomi che hanno decollato nella loro carriera grazie alla Società dei Concerti?
Oramai sono tanti artisti e per nominarne solo alcuni: Evgeny Kissin, Maxim Vengerov, Stanislav Bunin, Olga Kern, Massimiliano Ferrati, Grygory Sokolov, Daniele Gatti, Fazil Say, Konstantin Lifshitz, Valentina Lisitsa, Simone Pedroni, i violinisti Sergej Krilov e Lorenza Borrani.
Se avesse più soldi cosa farebbe, ha un sogno nel cassetto?
Farei tante cose. Mi piacerebbe molto creare un’orchestra con giovani musicisti, perché non è detto che i giovani siano meno bravi rispetto ai musicisti di una certa età; chi è bravo da giovane è anche bravo da vecchio. Il vecchio certo ha più esperienza.
Ho una particolare sensibilità verso i giovani.
Nel 1986 lei ha rischiato davvero il tutto per tutto, quando è riuscito a organizzare il concerto con lo straordinario pianista Arturo Benedetti Michelangeli. E’ riuscito a convincerlo a suonare a Bregenz per i fans milanesi. Da Milano partirono una quarantina di pullman per ascoltare il famoso maestro.
Perché secondo Lei Arturo Benedetti Michelangeli non ha più voluto suonare in Italia?
Credo che all’epoca il Maestro abbia avuto dei problemi giudiziari, forse si era imbarcato in un’attività discografica e ce l’aveva con l’istituzioni italiane.
Come ha fatto a convincere il maestro Arturo Benedetti Michelangeli a suonare?
Semplicemente l’ho chiamato e ho chiesto un appuntamento.
Mi ha domandato:<Cosa vuole?> e io ho risposto: <Niente, non voglio niente, voglio conoscerla>. E così ci siamo incontrati in un crotto, in Svizzera, a mangiare insieme, anche più di una volta. E poi gli ho detto: <Voglio fare un concerto con Lei> e lui mi ha chiesto se fossi pazzo? Ho risposto: <Sì, sono pazzo, ma lo facciamo e al pubblico ci penso io>.
Fino alla sera prima non era certo che Arturo Benedetti Michelangeli avrebbe davvero suonato, invece fece un concerto indimenticabile con circa 2500 persone.
Il maestro mi disse: <Lei dottor Antonio Mormone ha una forte semplicità>.
Infatti ho un mio stile e una mia idea ed ammetto che non ha mai temuto di parlare con nessuno, neanche con gli uomini potenti. Sul piano umano siamo uguali, il contenuto è diverso. Tratto tutti con rispetto. Io devo fare il mio lavoro bene e gli altri devono fare il loro lavoro bene, ma sul piano umano dov’è la differenza? Non so cosa sia la sottomissione fisica. La presunzione di essere differenti è pericolosa.
Cécile Prakken